Le Cinque Giornate

di Dario Argento (1973)

durata: 120’
produzione: Italia
cast: Adriano Celentano, Enzo Cerusico, Glauco Onorato, Sergio Graziani, Salvatore Baccaro, etc.
sceneggiatura: Dario Argento, Nanni Balestrini
fotografia: Luigi Kuiveiller
musica: Giorgio Gaslini

Di questa parentesi filmica a seguito della fortunata ’Trilogia degli animali’ e precedente il cult “Profondo Rosso” si è parlato molto in termini denigratori. Indubbiamente il regista non è a suo agio con la commedia e io per primo ricordo che dopo l’iniziale scena in carcere del topo sono stato tentato dall’interrompere la visione. Tuttavia, sorvolando sulle mal riuscite parentesi di puro intrattenimento che talvolta strizzano l’occhio alla commedia sexy (es. il patriottismo materialistico della contessa o la vedova consolabile…) o altre alle comiche del muto (es. l’episodio in 18fps del parto), così come su alcune gag o scambi di battute che neanche la naturale simpatia dei protagonisti Cainazzo e Romolo può salvare [rispettivamente Celentano che interpreta Celentano e il compianto Cerusico costretto a girare con le chiappe al vento] …c’è altro che rende il film tutt’altro che deprecabile. Sono i momenti in cui, per restare in tema, si erge sulle barricate della mestieranza lo sguardo innovativo del regista, la sua voglia di raccontare gli eventi in modo personale, rendendo talvolta il prodotto indigesto per chi magari si è sbellicato da ridere alla scena imbarazzante del forno bombardato, ma regalandoci interessanti inquadrature (es. gli ultimi istanti del ‘Grande Patriota’ che richiama palesemente il Cristo Morto del Mantegna), attimi di brillante inventiva come il dialogo tra piedi osservato da Cainazzo sotto il banchetto della “Festa del Popolo Milanese”, così come la surreale anacronistica idea di usare un sintetizzatore Arp (2500?) per arrangiare “La Gazza Ladra” di Rossini. Divide e destabilizza definitivamente il caratteristico taglio registico spesso estremo e cruento che non risparmia stilettate in volto, pestaggi a sangue, spari a bruciapelo in testa, infanti rimasti orfani in campo o stupri. E poco prima dello stemperante “Ho idea che c’han fregato…e come c’han fregato!” resta al di là di un prolisso sermonismo etico-storico, l’amarezza di fondo all’interno del gioco storico di potere che sottrae beni preziosi come un amico – drammaticamente incorniciato in una fucilazione rallentata sulle note dell’Ave Maria di Bach/Gounod – con cui si è condiviso momenti difficili o di una reale speranza di miglioramento una volta scoperte tutte le carte sul tavolo della politica. Tra i tanti, cammei degli scomparsi Glauco Onorato (il doppiogiochista Zampino/Libertà), Ugo Bologna (ufficiale che raccoglie eroiche testimonianze) e Salvatore Baccaro (il ladro Garafino) e lo stesso Argento al seguito del Barone Trazunto [Sergio Graziani, celebre voce di Donald Sutherland o Peter O’Toole e che ci ha lasciato qualche anno fa].

A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.

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