titolo originale: “Blackthorn”
durata: 102’
produzione: Spagna / UK / Boliva / Francia
cast: Sam Shepard, Nicolaj Coster-Waldau, Eduardo Noriega, Stephen Rea, Magaly Solier, etc.
sceneggiatura: Miguel Barros
fotografia: Jaun Ruiz Anchìa
musica: Lucio Godoy
E se Cassidy non fosse mai morto, ricostruendosi una vita altrove? Su questo interrogativo che prospetta una sorta di sequel al capolavoro di Roy Hill si radica la storia alla base di questo film dai crepuscolari toni drammatici e ambientato in Bolivia alla fine degli anni 20. Parallelamente scorrono gli eventi giovanili che hanno preceduto e forse meglio declinano il racconto principale, ma la vera caratura del girato si percepisce nell’ ‘oggi’, nella rappresentazione della stanchezza di chi [Cassidy/Shepard] ha sempre vissuto in fuga e ora, suo malgrado e -raggirato (complice l’età e uno pericoloso idealismo)- si trova costretto a non poter prender riposo. Oltretutto pagando nuovamente il caro prezzo di una reputazione a stento tersa dall’oblio e della perdita di tante persone care. Dove si arrende lo storico antagonista [Mackinley/Stephen Rea], prosegue indefesso e implacabile il peso della coscienza. E sembra quasi rimarcarlo l’accanimento del fato che impedisce al protagonista di rifarsi una vita con i proventi di un lavoro onesto, sfumati nel suono del galoppo del proprio destriero in fuga. Imponente il comparto scenografico, ben fotografato (indimenticabile il deserto di sale) e angosciante, quindi empaticamente riuscite le sequenze in cui si percepisce il letale sfinimento dei cavalli. Ben concepita anche la musica: minimale, ma capillare. Se come ’western’ deve esser classificato, sicuramente della tipologia più utile, drammaturgicamente più riuscita, autoriale e permeato di sensibilità moderna.
A cura di Luigi Maria Mennella © 2023.
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